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Articoli - 21 February، 2024

L’analisi del Leader sull’attuale crisi del terrorismo nel mondo.

La cosa ha due aspetti:

1. L’attacco agli USA. La capitale politica degli USA, Washington D. C., e il suo nervo centrale dell’economia, New York, sono state entrambe attaccatte in un premeditato, deliberato e ben concertato spettacolo di violenza terrificante. Questo aspetto rientra nella giurisdizione degli USA. Infatti era un atto di aggressione contro di loro. Gli USA, come gli altri paesi, hanno il diritto all’autodifesa ai sensi dell’articolo 51 dell’attualmente paralizzata Carta delle Nazioni Unite. Ha tale diritto anche ai sensi di altri strumenti. L’autodifesa è diritto legittimo e gli USA sono abbastanza potenti per esercitarlo, senza bisogno dell’aiuto altrui per difendersi o per perseguire i propri nemici. È altresì del tutto capace di giustificare autonomamente le proprie azioni. Offrire aiuto agli USA in un frangente che possono gestire da soli è solo lecchinaggio ipocrita.

2. Il fenomeno del terrorismo non interessa solo gli USA; è un problema del mondo intero. Gli USA non possono combatterlo da soli. Non è logico, ragionevole o efficace affidare il compito ai soli Stati Uniti. È necessaria la cooperazione internazionale e l’azione unita a livello mondiale.

Purtroppo, su questo problema vi sono stati ampia confusione e profondo fraintendimento. La cooperazione nella lotta al terrorismo non è un servizio agli USA; è un atto di autodifesa di ciascuno di noi. [Il terrorismo] è una minaccia a tutti noi, a prescindere dall’attacco agli USA dell’11 settembre.

Gli USA non debbono ricompensare chi si unisce alla lotta perché combattere quel male non è un servizio agli USA; è un atto nell’interesse di tutti. A chi di noi piace il terrorismo? Chi di noi vorrebbe vivere, o vedere i suoi figli e il suo paese vivere, in un mondo dove il terrorismo ha campo libero? Il terrorismo è un flagello orrendo.

Purtroppo ancora, c’è stata parecchia doppiezza che ha portato a un’egual misura di confusione a livello mondiale. Qual è lo scopo della nostra azione? È aiutare gli Stati Uniti a difendersi, a vendicaresi e a punire gli attacchi dell’undici settembre? O è l’adozione di un programma internazionale per combattere il terrorismo e, alla fine, elimilarlo?

C’è una differenza chiara tra le due situazioni.

Ipocrisia, paura e avidità hanno causato questa confisione. Alcuni hanno rifiutato con ostinazione di unirsi alla battaglia contro il terrorismo perché tale battaglia veniva confusa con la difesa degli Stati Uniti o diventava sinonimo di entrata in guerra contro l’Afghanistan. Altri si sono affrettati a partecipare agli attacchi all’Afghanistan. Non l’hanno fatto perché siano contro il terrorismo; si sono invece uniti alle truppe d’attacco perché sono contro i Talebani per ragioni loro. Magari si sono uniti per avidità, paura o ipocrisia.

A questo punto dobbiamo essere sinceri e trasparenti. Chi vuole cooperare con gli Stati Uniti o allearsi con loro nel rispondere agli attacchi dei loro nemici lo deve dire con chiarezza.

Non è la prima volta né sarà l’ultima in cui i paesi creano un’alleanza per aiutarsi a vicenda. Ogni stato ha il diritto di prendere la decisione autonoma di mettersi dalla parte degli Stati Uniti contro l’Afghanistan o contro Bin-Laden, nonostante il fatto che gli USA non abbiano bisogno di nessuno per difendersi o per vendicarsi, come ho detto prima. Comunque, quando si parla di terrorismo, il problema è del tutto diverso.

Per combatterlo, abbiamo bisogno gli uni degli altri. Per sconfiggerlo c’è bisogno di cooperazione internazionale e di un nuovo piano a lungo termine.

Comunque, il problema del terrorismo è talmente vasto e complesso che ritengo che ci illuderemmo se pensassimo di poterlo affrontare in tutti i suoi aspetti.

Cominciamo col considerare il quesito: cos’è il terrorismo? Sono certo che saremmo in disaccordo sulla sua definizione.

Se mai riuscissimo con libertà a dare una definizione trasparent di terrorismo, metteremmo i fondamenti di un nuovo mondo libero dal terrorismo stesso. Sarebbe un vero miracolo! Ciò che io considero un atto di terrorismo potrebbe sembrare invece desiderabile agli occhio del mio avversario. Le prove sono tante. Per esemio, un giovane venne addestrato in Peshaware. Poi cominciò l’attività in Afghanistan. In seguito, il servizio segreto britannico gli diede il compito di assassinare Gheddafi credendo che liquidare la Rivoluzione avrebbe portato alla resa della Libia.

Poi avrebbe consegnato i sospetti del Caso Lockerbie. Tentò di portare a termine la missione di fronte al mondo intero. Però l’Onnipotente intervenne fermando la bomba e impedendone la detonazione. Fu un vero atto di Dio. Se la bomba avesse detonato, una folla di gente, anche famiglie intere, avrebbe incontrato la morte in tribuna d’onore.

Il terrorista rese piena confessione di quanto ho appena detto. Le stesse cose confessò l’ufficiale del servizio segreto britannico. Era un atto di terrorismo perpetrato contro di me dal servizio segreto britannico in cooperazione con chi ritornava dall’Afghanistan.

Chi mi ritiene suo avversario non lo considera un’azione terroristica. Al contrario, lo ritiene un atto desiderabile e degno di incoraggiamento. Io non mi considero avversario della Gran Bretagna o di quel giovane afgano-libanese. Mi considero invece una vittima del terrorismo e di un torto. La parte avversa ha le sue giustificazioni. Perciò siamo in completo disaccordo sulla definizione di terrorismo.

Parlo in tutta trasparenza perché non ho nulla di cui aver paura. Non desidero nulla e non sono ipocrita. Sono la voce di una genuina coscienza internazionale. So che lo stato attuale del mondo può cambiare, ma il mondo non è cambiato. È nostro compito cambiarlo in meglio.

Perciò dobbiamo distinguere con chiarezza tra i piani contro l’Afghanistan, all’apparenza risultato diretto dagli atti orrendi dell’undici settembre da un lato, e la lotta al terrorismo a livello globale dall’altro.

Il primo quesito è la responsabilità degli USA; il secondo è la responsabilità del mondo intero. Non si possono scusare l’assenza di cooperazione o di alleanza per combattere il terrorismo quando ci si accordi sulla sua definizione e sulle sue cause prime. Non farlo, o anche solo rimandare, significherebbe mettere a repentaglio il futuro dell’umanità.

Significherebbe anche una delusione per le generazioni future.

Il terrorismo è un fatto; è un atto giustificabile per chi lo commette: ecco l’origine del pericolo. Se si trovasse una soluzione soddisfacente al problema dell’Irlanda del Nord, sarebbe la fine di ciò che la Gran Bretagna definisce violenza e terrorismo irlandese e ciò che l’IRA chiama lotta legittima.

Se si trovasse una soluzione simile al problema della Palestina, sarebbe la fine di ciò che gli isrealiti chiamano terrorismo palestinese e ciò che i palestinesi vedono come legittima lotta armata. Anche l’inimicizia tra gli USA e gli arabi si dissolverebbe. Ma sono queste le cause del terrorismo? La risposta è: “Proprio no”. Sono ben altre, e tante, le cause. Ci sono molti altri gruppi che ricorrono al terrorismo, non solo in Palestina o in Irlanda del Nord.

Per esempio, ci sono gruppi di rivendicazione nelle Filippine, in Cecenia, nel Cashmir, nel Tibet, nei Paesi Baschi, in Corsica e nel Tamil. E l’elenco non è completo.

Come potrebbero Russia, America e Arabia Saudita accordarsi su come definire la situazione in Cecenia?

La Russia la considera come terrorismo e come complotto contro la sua unità. L’America la vede come soppressione dei diritto di autodeterminazione e dei diritti umani. Le moschee in Arabia Saudita la vedono come santa Jihad e pregano per la sua vittoria. Io la considero una cospirazione contro i mussulmani in Russia per isolarli, svilire la loro condizione sociale e privarli della cittadinanza di una potenza nucleare. Separarli dalla Russia significherebbe privarli di quella possibilità. Lo stesso successe ai mussulmani della Bosna-Erzegovina, che divennero minoranza nella loro repubblica.

Un tempo erano cittadini iugoslavi. Uno di loro, Jamal El-Din Padic, era il Primo Ministro iugoslavo, l’uomo più importante dopo Tito, solo per essere cittadino iugoslavo. Ora i mussulmani non possono raggiungere tale posizione, nemmeno nella stessa Bosnia. Perciò la separazione della Bosnia fu un complotto e una catastrofe per i mussulmani. Lo stesso vale per la Cecenia.

Ammettiamo, tanto per ragionare, che questi problemi siano risolti. Ci sarebbero ancora i gruppi che ricorrono alla violenza e al terrorismo in Nord America, in Sud America, in Europa e in Giappone. Ammettiamo di riuscire a eliminare anche loro: ci sarebbero sempre la mafia e i cartelli della droga.

Se in qualche modo riuscissimo a sconfiggerli, ci sarebbero altre cosche criminali. Ci sarebbero i falsari (sono in circolazione oltre 500 miliardi di dollari contraffatti) e i riciclatori di denaro sporco e chi si dà alla tratta di donne e bambini. E poi: i vari scontenti come i cortei di Seattle, i disoccupati, i licenziati, i poveri?

Ci sono tante altre cause: l’incremento demografico, le migrazioni, le minoranze, gli scontri tra religioni e culture, gli scienziati ribelli, i pirati dell’informatica, gli arsenali di virus biologici e informatici. L’elenco è lungo.

 Cominciamo con la Gran Bretagna. Alcuno credono che i giovani addestrati in Peshawar e in seguito inviati in Afghanistan, quindi uniti a Bin-Laden e inviati in ogni angolo del mondo siano membri dell’organizzazione del cosiddetto Al-Qaeda.

Se fosse vero, dovremmo dichiarare che la Gran Bretagna ne protegge la maggior parte. Ne abbiamo la prova, se il mondo vuole cooperare. Vogliamo veramente attaccare le basi del terrorismo e i paesi che ospitano i terroristi? Credo di no, a meno che non si dica che vogliamo attaccare tutti i paesi che proteggono i terroristi a parte la Gran Bretagna.

Perciò si ritorna ai due pesi e alle due misure e si rompe il consenso internazionale contro il terrorismo. Ecco una via sicura per perdere la guerra al terrorismo. Tony Ben, decano e presidente del Partito Laburista inglese, ha detto: “Se gli USA sostengono Israele per timore degli ebrei americani, in Inghilterra prendiamo la parte dei terroristi; perché temiamo i sette milioni e più di mussulmani inglesi”.

Il capo dei servizi segreti inglesi è andato oltre quanto detto da Tony Ben. Ciò ha fatto sì che i paesi arabi si chiedessero se fossero alleati più vicini agli USA loro che non la Gran Bretagna. Qual è la differenza tra la Gran Bretagna e l’Afghanistan? Prima vediamo i rapporti tra gli USA e la Gran Bretagna.

La confusione tra il diritto degli USA di rispondere a un attacco terroristico contro di loro e il nostro diritto comune di combattere il terrorismo finiranno con lo sventare l’azione internazionale. E così anche la confuzione tra Bin-Laden, i Talebani, il terrorismo e l’Islam.

La fretta di agire contro il terrorismo in un’atmosfera sovrastata dal diritto all’autodifesa degli USA priverà qualsiasi atto internazionale di ogni significato e vanificherà l’occasione di adottare un programma globale per affrontare le cause del terrorismo e trovare una via per combatterlo su scala internazionale. Il terrorismo è il nostro nemico comune, non solo quello degli Stati Uniti.

Non è nell’interesse degli Stati Uniti confondere compiti internazionali e responsabilità interne verso il proprio popolo. Ritengo che l’errore consista nel tentativo di clonare la Seconda Guerra del Golfo: non si può. Ciò che successe all’epoca non trova riscontro nella situazione attuale. È il risultato dell’istigazione della lunga fila di ipocriti che hanno spinto il governo americano a confondere le cose; e l’hanno incoraggiato anche ad agire in fretta in cose che si sarebbe dovuto rimandare e a rimandare cose su cui si sarebbe dovuto agire in fretta.

Qualsiasi tentativo di replicare ciò che successe nella cosiddetta Seconda Guerra del Golfo sarebbe un errore. Ciò che successe allora fu l’occupazione di uno stato da parte di un altro. Non era un’azione diretta nei confonti degli USA. Gli USA non erano il paese occupato. Comunque, il Kuwait sollecitò aiuti agli Stati uniti e al mondo. Quindi ci fu bisogno di coinvolgere il mondo intero a livello politico e morale. Ci fu anche bisogno di coinvolgere l’ONU per ragioni di legge internazionale.

La premessa del problema non interessava il mondo intero. Non era responsabilità dei soli Stati Uniti. Ora la situazione è diversa. Gli attacchi dell’undici settembre erano diretti contro i soli Stati Uniti, che hanno quindi diritto e capacità di rispondere. Non è concepibile che gli USA sollecitino aiuto al mondo contro l’Afghanistan o Bin-Laden. La guerra contro il terrorismo è responsabilità globale.

Non posso immaginarmi uno stato responsabile che non partecipi alla guerra al terrorismo. Ma oggi si sa di stati che partecipano e di altri che si rifiutano. La ragione è nel confondere il sostegno a un singolo stato contro i nemici e la lotta globale al terrorismo, nostro nemico comune.

Siamo contro l’Islam? Siamo noi, arabi e mussulmani, anti-islamici? Lo sono forse tutti quelli che si oppongono a Bin-Laden? Lo sono quelli che si oppongono ai Talebani? Tale punto di vista sbagliato è l’esito della confusione tra il diritto degli Stati Uniti all’autodifesa e il dovere globale di combattere il terrorismo.

Non tutti quelli che si oppongono a Bin-Laden o il cosiddetto Al-Qaeda sono contro l’Islam. Non tutti quello che si oppongono ai Talebani sono contro l’Islam. Non penso nemmeno che noi siamo contro Bin-Landen personalmente; e nemmeno siamo contro i suoi uomini, addrestrati in precedenza dai nemici dell’ex-Unione Sovietica. Nemmeno siamo contro di Talebani in quanto fazione afgana. Ciò a cui ci opponiamo è l’eresia nata in quella regione.

Un’eresia simile a quella emersa al tempo dei Califfi Giusti e causò la morte per omicidio di tre di loro: Omar, Otman e Alì.

Siamo vittime degli attacchi, degli assassinii e del terrore perpetrati da quei gruppi che fuoriuscirono dai nostri paesi per diventare mercenari in Afghanistan e quindi combatterono contro le truppe sovietiche per conto terzi nonostante il fatto che truppe sovietiche stesse fossero in Afghanistan dietro richiesta del governo afgano filosovietico. Ciò è esattamente quanto succede ora. Gli eserciti stranieri vanno nella regione su richiesta del governo della regione stessa; tale è la scusa accampata dal Bin-Laden nella sua intervista televisiva.

Quei gruppi ritornarono per creare disastri nei nostri paesi. In una furia omicida ammazzarono tutti quelli che trovavano sulla loro strada, senza risparmiare né donne né bambini. Volevano invocare una causa che sovverte la fede mussulmana e crea un’onda di distruzione.

 Marchiano d’apostasia tutti quelli che non sono del loro credo, anche se si danno in ogni maniera a tutti i peccati capitali. Vogliono solo andare inesorabilmente verso l’ignoto. Non hanno una dottrina o un oggetto ben definito. Non conoscono altro che tortura e omicidio. Non fanno altro che ripetere a pappagallo parole senza signicato senza capire, come per esempio “Tag-hut”.

È un termine vago che significa un oggetto di adorazione altro che Dio. Lo usano per designare persone, quando non è così in arabo. Usano anche la locuzione “Sharia islamica”: è un altro termine vago, un significante senza significato.

Noi siamo contro questi gruppi e li combatteremo come loro combattono noi.

Siamo più forti di loro perché difendiamo la società civile e perché difendiamo la religione contro l’onda di eresia e di distruzione che essi hanno scatenato. È un atto necessario e legittimo di autodifesa.

Li combattiamo anche perché non accetteremo un nuovo califfato.

Non ci sottometteremo al volere di un califfo che comandi per diritto divino. Dio non gliel’ha ordinato. Non è in contatto con Dio. Non siamo più così ingenui da credere che il califfato sia ordine di Dio.

Il califfato è una deviazione dalla fede. Ogni deviazione è un’aberrazione. Le aberrazioni sono destinate all’inferno, assieme a chi le invoca. Il califfato è un’aberrazione e quindi un’eresia. Il Profeta non ha mai designato un suo designato o successore. Non abbiamo mai sentito di un ‘profeta designato’, a parte Aronne, che era stato designato da Dio per assistere Mosè. Noi ci opponiamo all’eresia e alle aberrazioni del califfato e al terrorismo. Qual è la posizione di Bin-Laden e dei Talebani a proposito?

Dio solo lo sa. Ma era una porta aperta di fronte agli ingenui, agli ignoranti e anche ai ben intenzionati, che la attraversarono per combattere come mercenari, credendosi Mujahideen. Ora i pulcini sono cresciuti e razzolano. Ora una porta simile potrebbe aprirsi di fronte agli stessi gruppi di gente dispersa e facilmente sfruttabile; e potrebbero rimanere delusi.

Quindi ritornerebbero ai loro paesi e quindi andrebbero negli stati uniti a perpetrare atti di terrorismo e di follia, proprio come i loro predecessori. A quel tempo, raccoglieremo quello che avremo seminato, come la volta precedente. Ho fatto il mio dovere e ho dato l’allarme. Abbiamo di fronte sfide nuove, complesse e complessive. La saggezza detta che le si vedano da un punto di vista civile, umano e oggettivo, libero da pregiudizi etnici, linguistici e geografici. Tendenze scioviniste, percorsi triti, missili e bombe non servono a nulla di fronte a tali sfide. Dobbiamo rivedere tutto e non dar niente per scontato; perché tutto quanto abbiamo a disposizione è niente.

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