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Articoli - 21 February، 2024

Kashmir: la soluzione definitiva

L’accordo di pace del problema del Kashmir è una necessità.  La sua soluzione rimedierà al rapporto frammentato tra vicini fraterny come India e Pakistan. Questi due paesi sono veri e propri fratelli. I paesi noti come Pakistan e India erano un tempo una nazione sola in tutti i suoi aspetti, demografici e altro. Malgrado la divisione, restano fratelli.

La divisione fu una cospirazione coloniale. La potenza coloniale non voleva lasciare dietro di sé una nazione potente di ingente popolazione, estesa area geografica e enorme potenziale. Erano i colonialisti a soffiare sul fuoco del conflitto tra le diverse sette e cominità. Prova ne è il fatto che prima del colonialismo tali comunità vivevano assieme in pace nel Subcontinente Indiano.

Colpevole dei massacri e dei violenti scontri di sangue fu il colonialismo britannico.

:La cospirazione coloniale causò l’aggravamento della situazione a un punto in cui la divisione, fondata sul credo religioso, divenne l’unica soluzione. L’idea di divisione di per sé è reazionaria e colonialista. Purtroppo, gli scontri tra gli aderenti a diverse religioni, l’incendio e la demolizione di case di culto continua tale e quale tra India e Pakistan anche dopo la divisione.

Non è nell’interesse della gente del Subcontinente continuare con questa frammentazione e con gli scontri, che dilapidano le loro risorse. È una vera vergogna questa carneficina continua.

Ciononostante, si imporrà una soluzione pratica e pragmatica come risposta ai requisiti dell’era della globalizzazione. La mappa del mondo verrà ridisegnata. Verranno alla luce nuove entità giganti. Lo stato-nazione, incapace di resistere in un’era di grandi sfide e concorrenza spietata, finirà inevitabilmente con lo scomparire.

La nuova mappa del mondo sarà formata su base geografica e regionale e non emotiva, settaria o etnica. Le nuove parti componenti sono le entità giganti come l’Unione Africana, l’Unione Europea, il Commonwealth degli Stati Indipendenti e l’Ansean (l’associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico). Gli stati del Subcontinente Indiano dovranno per necessità riunirsi e formare un’entità gigante.

Kashmir:

Alcuni popoli sdegnano i sacrifici delgi altri. Quando qualcuno dà il proprio sangue o la propria vita per una causa, gli altri lo considerano irresponsabile e giudicano certi sacrifici come terrorismo carico d’odio. Tali soggetti non possono agire da mediatori nella soluzione del problema del Kashmir o di qualsiasi altro problema, se è per questo. Mussulmani o indù, buddisti o sik, tutti possono sacrificare la vita per ciò che considerano una giusta causa. Dobbiamo rispetto a tali sacrifici.

Guardarli dall’alto in basso con disprezzo non contribuirà alla soluzione del problema del Kashmir o di qualsiasi altro problema al mondo.

È ormai chiaro al mondo intero, e ai popoli di quella regione, che esistono tre entità distinte: India, Pakistan e Jashmir. È un fondamento solido su cui costruire la soluzione del problema.

Le circostanze e le situazioni di centinaia di stati che costituiscono il Subcontinente era simile. Così non è più. Anche le somiglianze tra Kashmir, Hyderabad e Jonadagh non esistono più.

La condizione di Hyderabad e Jonadagh fu determinata da plebiscito popolare in accordo col principio di divisione che separò il Subcontinente in India e Pakistan. È del tutto improduttivo accampare il pretesto che l’indipendenza del Kashmir potrebbe fomentare tendenze separatiste in altri stati.

Semplice: ciò non può accadere. La condizione di tutti gli altri stati fu determinata definitivamente in accordo coi principi di divisone e in accordo con le delibere susseguenti del Consiglio di Sicurezza che stabilirono il principio del plebiscito popolare. Le consultazioni popolari si tennero negli altri stati. In virtù dell’esistenza di queste delibere e di questi principi internazionali, nessun governatore di stato e nessun parlamento locale può prendere una decisione che vada contro di loro.

La specificità del Kashmir:

Nonostante che abbia la stessa commistione di popolazioni (ariani, mongoli, turchi e afgani) e lo stesso plurilinguismo delle altre parti del Subcontinente Indiano, il Kashmir ha la sua storia particolare, caratterizzata dal conflitto tra buddisti e bramini. A ciò seguì un’era in cui dominava la cultura indù. L’era islamica si ebbe inseguito all’avvento dell’Islam nel Kashmir.

Una delle caratteristiche specifiche del Kashmir fu la sua vendita a una dinastia feudale sotto il governo coloniale inglese. La famiglia fu la sua unica proprietaria per quasi un secolo. Perché al Kashmir venne concessa una misura maggiore di autonomia? Perché il Kashmir venne trattato come un’eccezione quando il Subcontinente veniva diviso in India e Pakistan?

Perché la condizione degli altri due stati considerati casi eccezionali (Hyderabad e Jonaghad) venne sistemata e quella del Kashmir rimase aperta? Perché il capo del governo del Kashmir ha il titolo di primo ministro come il capo del governo indiano? Perché il Kashmir ha la sua bandiera e il suo parlamento? Tutto ciò prova che il Kashmir è unico e distinto. La sua storia e le sue circostanze sono diverse da quelle degli altri stati. È controproducente disputare sul numero degli aderenti a questa o a quella religione.

La questione della religione nel Subcontinente Indiano è spinosa ed estremamente complessa. È la scusa usata dalla potenza coloniale nella sua politica di “dividere e governare” per poter smembrare quell’entità gigante e dividerla in tanti paesi in guerra. L’India non è uno stato indù: è un paese multiconfessionale; è indù, mussulmano e buddista. È illogico descrivere ogni conflitto come scontro tra indù e mussulmani. Il Kashmir non è solo mussulmano. È indù, mussulmano e buddista e appartiene a tutte le comunità che vi abitano. Se la regola è che i mussulmani appartengono al Pakistan e gli indù all’India, il Subcontinente sarà ancor più frammentato, non godra mai di alcuna stabilità e la soluzione continuerà a sfuggirci.

Questa nozione illogica e pericolosa deve essere spazzata via una volta per tutte. È alla radice del conflitto in Kashmir. Tutti gli abitanti del Kashmir, mussulmani o indù, appartengono al Kashmir. Vale la pena notare che non si propone alcuna soluzione logica. Tutto quanto viene presentato è emotivo e privo di logica. Qualsiasi problema sia discusso, il punto di partenza è l’attacco ai fedeli dell’altro credo.

L’introduzione della religione nel dibattito è prova chiara della mancanza di serietà nell’affrontare il problema e la sua possibile soluizione. Non è nella religione, nell’etnia o nella lingua comune che si troverà la soluzione.

Si potrà trovare solo negli interessi comuni degli abitanti del Kashmir. In questa era di globalizzazione, il credo comune, la lingua o l’etnia non sono più legami vincolanti. Lo sono invece gli interessi. Gli interessi comuni ora uniscono i popoli di diverse religioni, lingue ed etnie.

I legami emotivi svaniscono di fronte all’interesse comune. Un tentativo sincero, serio e imparziale di risolvere la questione del Kashmire non deve trascurare gli interessi dei paesi confinanti. Tali interessi sono nominati di rado. Vengono ammantati in considerazioni religiose o parimenti emotive. Il Kashmir è una risorsa idrica molto importante. Ci sono quattro paesi che confinano col Kashmir.

Tali paesi hanno interessi strategici di sicurezza nel Kashmir. È ingiusto ritenere – o sfruttare – il credo religioso come sola causa del problema senza dare giusta attenzione alle altre. Il popolo del Kshmir non deve essere sacrificato sull’altare di interessi ristretti ed egoisti.

Il Kashmir deve appartenere al suo popolo. Deve diventare il vicino fraterno sia dell’India sia del Pakistan. Come il Nepal e il Bhutan, deve servire come zona cuscinetto tra i quattro stati confinanti. Ciò rinforzerà la pace nella regione, creando una zona di separazione tra India e Cina, e Pakistan e Afghanista. L’indipendenza di Timor l’Este è un buon esempio da seguire.

La mappa del mondo presto non conterrà altro che entità giganti. Gli stati-nazione scompariranno, in virtù del fatto che non saranno più capaci di far fronte alle sfide della globalizzazione. Perciò l’indipendenza del Kashmir non creerà quelle temute ondate di choc mortale che avrebbe causato prima dell’era della globalizzazione. Kashmir, Bhutan, Nepal, Pakistan, Bangladesh, e poi le Maldive, Sri Langa e India saranno tutti riuniti in un’entità gigante futura del Subcontinente Indiano, sui modelli dell’Unione Europea, dell’Unione Africana, dell’ANSEAN.

Gli stati del Subcontinente Indiano non avranno futuro nell’era della globalizzazione se non si riuniscono in un’entità che ne garantisca la forza in tempi in cui lo stato-nazione non ha più luogo anche se fosse economicamente forte come la Francia o la Germania. La Francia, la Germania e gli altri stati europei possono sopravvivere solo all’interno di un’Unione Europea che possa sostenere le sfide della globalizzazione.

Ogni entità gigante che sostituirà gli stati-nazione e costituirà il nuovo mondo avrà il suo esercito, le sue strutture di sicurezza, il suo mercato unico, la sua moneta, la sua banca centrale e, più importante di tutti, la sua posizione definita nei negoziati con le altre entità giganti.

Lo stato-nazione non è più in grado di negoziare per i sentieri tortuosi del mondo globalizzato. Questa è la soluzione migliore per i popoli delle regioni che condividono lo stesso destino. I metodi reazionari impegati nel corso della storia non hanno arrecato a questi popoli altro che tragedia e distruzione. Lunga vita al Kashmir come stato indipendente, patria di tutti i Kashmiri, mussulmani, indù e di altri credi.

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